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Quante volte vi è capitato di imbattervi in un sito web o in una applicazione per dispositivi mobili non accessibile? Ci avete fatto caso che ultimamente sta diventando sempre più raro trovare dei portali che non siano consultabili? Vi siete chiesti come mai?

La risposta è piuttosto semplice, anche se pochi ne sono a conoscenza. Le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici erano tenuti a pubblicare sul proprio sito web una “Dichiarazione di accessibilità” entro il 23 Settembre 2020.

 

Ma facciamo un paio di passi indietro…

 

Cosa si intende per “siti web accessibili”?

Un sito web, o applicazione mobile che sia, per essere considerato accessibile deve necessariamente rispettare alcuni requisiti che consentiranno la consultazione a tutte le persone con un qualsiasi tipo di disabilità sensoriale o semplicemente con una qualche limitazione.

I requisiti più comuni da rispettare sono ad esempio:

  • non avere elementi grafici utili alla consultazione che non siano “etichettati”. Chi non vede altrimenti non può rendersi conto di cosa sta navigando.
  • Non avere elementi che non forniscano un contrasto sufficiente a leggere i testi. Se ad esempio viene messo a disposizione un pulsante di colore chiaro con sopra una scritta bianca: chi ha un residuo visivo ridotto o soffre di patologie che gli impediscono di vedere i colori normalmente, non potrà leggere cosa c’è scritto.
  • Non avere elementi nella pagina che non siano navigabili con un lettore di schermo. Il lettore di schermo, o screen reader, è lo strumento che consente alle persone non vedenti di leggere il contenuto sulla pagina. Può capitare di imbattersi in siti web che non sono stati correttamente sviluppati e sono composti da elementi non navigabili: esempio più lampante sono i pulsanti non etichettati.
  • Pubblicare un video descrittivo senza sonoro lo rende inutile per chi non può leggere le scritte su di esso. Al contempo, caricare un video senza sottotitoli lo rende inaccessibile a chi non può sentire.
  • Utilizzare un linguaggio particolarmente complesso o esageratamente burocratico rende di difficile comprensione la consultazione del sito web.

 

E nessuno si era mai preoccupato di legiferare in merito?

Una legge piuttosto chiara sull’argomento risale al 2004 e sanciva che qualsiasi sito web di un ente pubblico doveva essere consultabile da tutti: non doveva esserci discriminazione ai danni di persone soggette a disabilità o ad altri limiti.

L’applicazione di questa legge, che a nostro avviso è più che legittima e sacrosanta, non è sempre stata così severa e rigida. Al contrario, è sempre stato difficile interloquire con una pubblica amministrazione e far valere questo diritto. La colpa non è direttamente imputabile a qualcuno in particolare, ma spesso si finiva per perdersi nel meccanismo di una macchina troppo complessa.

 

E oggi?

Fino a pochi giorni fa la situazione è rimasta nel limbo e ci si doveva arrangiare come si poteva, senza troppe pretese e senza avere degli strumenti chiari ed efficaci per poter trovare una soluzione a questo problema.

Dal 23 Settembre 2020 è diventato obbligatorio per tutte le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici mettere a disposizione dei propri utenti una “dichiarazione di accessibilità”. Questo documento consiste in una serie di valutazioni tecniche oggettive che stabiliscono se l’interezza del sito web o dell’applicativo è esente da sezioni inaccessibili e quindi non conformi alla normativa.

 

Cosa è cambiato e come mai?

L’impegno per rendere il web accessibile a tutti senza discriminazioni è una prerogativa ormai di tutti, ma è principalmente grazie all’Unione Europea se è stato imposto che questa direttiva venga rispettata.

Infatti AgID, Agenzia per l’Italia Digitale, è tenuta ad aggiornare l’UE ogni 3 anni sulla situazione dei siti web pubblici fornendo un report dettagliato su un campione piuttosto consistente.

 

Cosa possiamo fare se ci imbattiamo in una sezione non accessibile di un sito web e vogliamo far valere i nostri diritti?

La prassi, oggi, è piuttosto semplice. Qualora trovassimo una parte del sito che non rispetta gli standard di accessibilità dettati dalle WCAG (linee guida per l’accessibilità dei contenuti sul web), dobbiamo avere la possibilità di contattare il responsabile tecnico per quanto concerne l’applicazione di questa direttiva.

Ed è proprio nella dichiarazione di accessibilità che deve essere presente una sezione che spiega come inviare un feedback al responsabile! Questi è tenuto a rispondere entro 30 giorni dalla nostra segnalazione, riportando la presa in carico del problema o indicandoci una soluzione alternativa per aiutarci.

 

E se non veniamo presi in considerazione o non riceviamo risposta alla nostra segnalazione?

In questi casi si può ricorrere al difensore civico digitale, figura che tutelerà i nostri diritti impegnandosi a contattare il responsabile dell’ente e, qualora necessario, facendo prendere provvedimenti “ai piani superiori”!

 

Per poter approfondire quanto detto vi lascio due importanti riferimenti e risorse: